lunedì 31 dicembre 2018

Il punto non è ribaltare l’argomento dell’avversario: il punto è abbandonare quell’inquadratura e proporne un’altra.

Massimo Max Giuliani

venerdì 30 novembre 2018

In quest’ora della sera
da questo punto del mondo

Ringraziare desidero il divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare
ringraziare desidero
per l’amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità
per il pane e per il sale
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede
per l’arte dell’amicizia
per l’ultima giornata di Socrate
per il linguaggio, che può simulare la sapienza
io ringraziare desidero
per il coraggio e la felicità degli altri
per la patria sentita nei gelsomini

e per lo splendore del fuoco
che nessun umano può guardare
senza uno stupore antico

e per il mare
che è il più vicino e il più dolce
fra tutti gli Dèi
ringraziare desidero
perché sono tornate le lucciole
e per noi
per quando siamo ardenti e leggeri
per quando siamo allegri e grati
per la bellezza delle parole
natura astratta di Dio
per la scrittura e la lettura
che ci fanno esplorare noi stessi e il mondo

per la quiete della casa
per i bambini che sono
nostre divinità domestiche
per l’anima, perché se scende dal suo gradino
la terra muore
per il fatto di avere una sorella
ringraziare desidero per tutti quelli
che sono piccoli, limpidi e liberi
per l’antica arte del teatro, quando
ancora raduna i vivi e li nutre

per l’intelligenza d’amore
per il vino e il suo colore
per l’ozio con la sua attesa di niente
per la bellezza tanto antica e tanto nuova

io ringraziare desidero per le facce del mondo
che sono varie e molte sono adorabili
per quando la notte
si dorme abbracciati
per quando siamo attenti e innamorati
per l’attenzione
che è la preghiera spontanea dell’anima
per tutte le biblioteche del mondo
per quello stare bene fra gli altri che leggono
per i nostri maestri immensi
per chi nei secoli ha ragionato in noi

per il bene dell’amicizia
quando si dicono cose stupide e care
per tutti i baci d’amore
per l’amore che rende impavidi
per la contentezza, l’entusiasmo, l’ebrezza
per i morti nostri
che fanno della morte un luogo abitato.

Ringraziare desidero
perché su questa terra esiste la musica
per la mano destra e la mano sinistra
e il loro intimo accordo
per chi è indifferente alla notorietà
per i cani, per i gatti
esseri fraterni carichi di mistero
per i fiori
e la segreta vittoria che celebrano
per il silenzio e i suoi molti doni
per il silenzio che forse è la lezione più grande
per il sole, nostro antenato.

Io ringraziare desidero
per Borges
per Whitman e Francesco d’Assisi
per Hopkins, per Herbert
perché scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini.
Ringraziare desidero
per i minuti che precedono il sonno,
per gli intimi doni che non enumero
per il sonno e la morte
quei due tesori occulti.

E infine ringraziare desidero
per la gran potenza d’antico amor
per l’amor che move il sole e l’altre stelle.

E muove tutto in noi.

Mariangela Gualtieri

venerdì 16 novembre 2018

È sull’erba piede nudo leggerissimo
dove l’acqua delle foglie si fa iride.
È il buon riso, l’aria, il sangue,
il modesto ardore libero.
Avvenire non ti cerco. Tu mi vieni
vento, immagine credibile, amorevole
sulla fronte. Poco a poco dove erano
anni, ridono attimi.
Non speranza né timore, amici, più.
Non l’affanno. Anche autunno in Lombardia
quatto e spento in mezzo ai gelsi avrà la sua gioia,
se vorremo, e la rinuncia.
Non del bene la rinuncia, amici, dico,
ma del tedio. Cuore nuovo andiamo innanzi.
Le felici, le dolcissime mattine
a noi tutti tornano.

Franco Fortini (citato da Gianluigi Gherzi)

lunedì 5 marzo 2018

Sul tram una ragazza e un ragazzo in età da liceo, discorrono. Sono belli. Parlano di un matrimonio di un loro parente, lei dice: «Non mi sposerei mai in chiesa, perché non ci credo». Lui le risponde: «Io sì... Sai perché?» – fa una lunga pausa, lei attende in silenzio la motivazione: «Beh, ecco: tante generazioni si sono sposate in chiesa, quindi dev’essere giusto, perché non dovrei farlo io?». La ragazzina scuote il capo: «Per me non è un motivo». Lui si informa: «Ma i tuoi si sono sposati in chiesa?». Lei sospira: «Mio padre si era sposato in chiesa con mia madre, poi mia madre se ne è andata via e hanno divorziato. Dopo un po’ la famiglia gli ha fatto sposare la sorella di mia madre, in municipio, perché lui non sapeva neanche cucinarsi una cena, gli serviva una badante». Guardo meglio la ragazza: non sembra pachistana, ha fattezze e linguaggio di qui, direi anche del Nord. Vorrei chiederle se la sorella di sua madre è stata contenta del matrimonio combinato in funzione di badante, ma ovviamente non posso. Cambiano argomento, lui le chiede: «Tu sei gelosa?». Lei alza le spalle: «No, però se per stare con Samantha non puoi più vedere me, allora sì». «Se Samantha mi chiede per stare con lei di non vederti più, le dico di no». «Chissà se è vero... Secondo me per avvicinarti di più a Samantha, che ti piace tantissimo, mi lasceresti. E poi la sposi, e pure in chiesa». «No, no, non vorrei mai perdere te». Lei gli domanda un po’ più maliziosa: «Ma pure io posso avere due fidanzati, naturale?». Lui si percepisce che si sforza un po’, ma risponde: «Sì, naturale». A una fermata lui scende, prima lei gli passa degli appunti da studiare. Sceso lui, la ragazza si sistema meglio sul sedile, estrae dalla borsa il telefono, scorre un po’ di messaggi, forse «sta imparando a compitare nuove lingue sconosciute», come dice un bel verso di Max Manfredi. Scendo anch’io, entro nel bar dei cinesi, dove una signora sui cinquanta, un poco scarmigliata, dice a un uomo più vecchio: «Oh, ma oggi si vota? E per chi cazzo devo votare?». «E che minchia ne so? Vota chi cazzo vuoi». La barista orientale serve a me un cappuccino, alla signora un bicchiere di bianco. Ripenso alla lunga pausa in cui il ragazzo ha cercato nella sua testa una motivazione per l’affermazione, forse avventata, a favore del matrimonio in chiesa, e la ragazza ha atteso paziente, senza minchieggiare. Crescono indecifrabili foreste, e noi abbiamo perso tempo a studiare piccole piantine artificiali nei nostri laboratori. Noi chi, poi? Quattro gatti che sparano giudizi da vecchi coglioni, per sbrigarsela in fretta.

Carlo Molinaro

lunedì 5 febbraio 2018

Meglio un tema banale trattato in modo approfondito che un tema profondo trattato banalmente.

Gaetano Vergara
(che lo ripete ogni anno ai ragazzi che si avviano a predisporre le tesine per gli Esami di Stato)

sabato 20 gennaio 2018

Il primo incarico professionale di Kessels sembrava una missione impossibile: la promozione del peggior albergo di Amsterdam, l’Hotel Brinker. “Il posto più terrificante che avessi mai visto. Il proprietario non aveva alcuna intenzione di migliorarlo, semplicemente si era stufato di lamentele”.

Bene, se noi vuoi nascondere i tuoi disastri, allora vantatene. “La sincerità era l’unico lusso che quell’albergo potesse permettersi”, così la campagna cominciò con slogan come “Offerta speciale, un letto in ogni camera!”, "Nessun supplemento per lo sciacquone”, “Non potreste dormire peggio, ma noi faremo uno sforzo”, “Colazione scarsa? Mangia la tovaglietta”, "Da anni i migliori nell'ignorare le vostre lamentele", i gadget da bagno (saponetta, phon, shampoo) erano sagome da ritagliare da un foglio di carta. Una squadra di addetti perlustrò Amsterdam piantando su ogni cacca di cane una bandierina che diceva “questa la trovate anche davanti al nostro portone”. Ci crediate o no, le prenotazioni triplicarono e i clienti cominciarono a lamentarsi perché, dopo tutto, l’albergo non era poi così fetente come si attendevano.

da Fotocrazia, di Michele Smargiassi
(segnalato da Mariela Victoria De Marchi Moyano)

mercoledì 3 gennaio 2018

Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.

Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere che cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’è in più. Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare nel togliere, senza rovinare la scultura?

Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità.

Bruno Munari (tramite Mastrangelina)